Investimenti: qualche mito da sfatare

Il mondo del risparmio e degli investimenti pullula di idee preconcette che sono spesso sbagliate o che magari ci sono state trasmesse da padri e nonni, probabilmente in linea con il loro contesto economico e sociale.

Per praticare l’abilità di comprensione scritta del testo, scarica le attività didattiche in .pdf.

Proviamo a smontarne qualcuno.

Investire è solo per i ricchi. Falso.

Lasciatevelo dire: niente di più falso.

E se non vi fidate di me, allora seguite le indicazioni di Albert Einstein, che definì l’interesse composto come l’ottava meraviglia del mondo.

L’importante è cominciare a investire appena possibile e attraverso piccoli accantonamenti (dei piani di risparmio ne abbiamo parlato qui). Decidere il settore in cui investire dipende dagli obiettivi di medio e lungo termine, dal rischio che si è consapevoli di voler correre, ma se si hanno a disposizione tempo e un piccolo, piccolissimo, importo mensile, la forza dell’interesse composto di cui parlava Albert Einstein diventa davvero efficace.

Comprare quello che sale e vendere quello che scende. Falso.

Uno dei più grandi errori degli investitori è seguire i risultati di breve periodo, comprando quello che sale e vendendo quello che scende, quasi sempre in ritardo. 

A tutti piacerebbe avere la sfera di cristallo, agli investitori ancora di più ma indipendentemente da quello sta succedendo sui mercati, uno dei più grandi errori è quello di inseguire i risultati di breve periodo e quindi comprare quello che sta salendo e vendere quello che scendendo.

Alcune evidenze continuano a dimostrare che l’investitore medio insegue ciecamente i rendimenti passati, si lascia invaghire dai trend di breve periodo e raramente riesce a resistere alle più potenti emozioni in materia di finanza: l’avidità e la paura. 

Le performance passate, specialmente di breve periodo, sono solo uno degli indicatori da prendere in considerazione. Possono rappresentare un punto di partenza, ma non sono garanzia di risultati futuri. 

Il mattone è sempre l’investimento migliore. Falso. Falso. E ancora falso.

Dati alla mano, il settore immobiliare è piuttosto volatile.

E, potenzialmente, il valore di una singola casa lo è ancora di più. 

Se aggiungiamo la scarsa liquidità, l’ impossibilità di diversificare, i costi di manutenzione, le tasse da pagare (soprattutto se si tratta di una casa diversa dalla prima abitazione), tutto questo rende il mattone molto meno appetibile di altre opzioni.

Gli italiani che avevano ereditato degli immobili dai genitori o dai nonni e che si sono ritrovati senza lavoro a causa della crisi economica, sono riusciti difficilmente a fare fronte al carico fiscale derivante dal possesso di questi beni, che in molti casi non hanno nemmeno prodotto reddito, dato che la crisi economica ha penalizzato anche il mercato degli affitti.

L’investimento immobiliare si può inserire all’interno del patrimonio di una persona, ma solo se il proprietario ha un portafoglio che gli garantisca la liquidità necessaria per far fronte ai costi derivanti dal mantenimento di un immobile, altrimenti comporta un inutile esborso di denaro.

I soldi: meglio sotto al materasso. Falso.

Oltre al mattone e al Bot, le vecchie generazioni di italiani (e i figli che ancora ne seguono i consigli) considerano il materasso tra gli investimenti migliori. E se non li mettono davvero sotto al materasso, come si faceva un tempo, li tengono fermi su conti di deposito o conti correnti.

Su un mercato che offre possibilità di diversificazione sempre più ampie, tenere i soldi fermi è “un’occasione persa per quell’economia reale di cui si auspica da sempre il rilancio.”

Lo sostiene un articolo del Sole 24 Ore che oltre a calcolare la perdita subita da un capitale di mille euro, lasciato inattivo (sul conto corrente) per 20 anni ed eroso dall’inflazione, arriva al nocciolo della questione, legato al mancato sviluppo del paese.

Troppa liquidità bloccata a questo porta. Ciò non significa che i risparmi non vadano tenuti sui conti. Non significa rinunciare alla prudenza. Significa però che non bisogna esagerare. Una gestione più equilibrata della ricchezza potrebbe trasformarsi da occasione persa a volàno per il Paese.

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